La mia passione per le Fulvia si è coronata comperando una rara Fulvia Sport 1600, vettura meno diffusa della Coupé, sia per questioni di costi che per la linea, tipicamente Zagato, che non lascia spazio a mezze misure: o piace o non piace. Un'altra passione che ho sviluppato nello stesso periodo, è stata quella di girare in pista con la Fulvia.
Il grande successo che la Fulvia HF raccoglieva nella disciplina rallistica ha un po’ offuscato i successi che la Fulvia Sport ha collezionato nelle gare di velocità siano esse articolate come gare in salita, gare su circuiti stradali o permanenti.
Come animale da velocità pura, la Fulvia Sport Competizione ha raccolto notevoli successi nei campionati italiani e, con una buona dose di entusiasmo, nel 1969 Girolamo Capra corse la 1000 km del Nürburgring in coppia con Angelino Lepri. Capra non si accontentò del 35° posto in classifica assoluta e tre mesi dopo prese parte alla 500 km del Nürburgring, dove vinse la classe GT fino a 1.300 cc. Nella stessa gara, Gianfranco Briani si classificò 4° nella stessa classe, anche lui su Fulvia Sport Competizione.
Nel settembre 2003 quindi, al termine di un raduno che si è svolto in Belgio, decido di portare la mia Fulvia Sport sulla pista del Nürburgring, un po’ per celebrare questi eroi dell’automobilismo sportivo ed un po’ per avere il piacere esclusivo di dire “io ci sono stato”.
Giunto all'hotel Nordschleife, dopo aver svuotato tutto il contenuto del vano bagagli, preparo il casco e mi avvio alla cassa dell’ingresso di Nürburg per comperare i ticket di ingresso.
E’ domenica pomeriggio, quindi non c’è molto traffico, entro in pista e compio il primo giro molto tranquillo per verificare i riferimenti e controllare le condizioni dell’asfalto.
Il tracciato di oltre 20 km è impegnativo e in certi punti anche l’umidità serale può rivelarsi insidiosa. Su questa pista ero già stato l’anno precedente con la Fulvia Coupé 3 che si era rivelata in difficoltà sulla ripida salita di Bergwerk, ma la Zagato è molto più potente e non esita a prendere velocità.
Compio un altro paio di giri prima di lanciarmi in un giro che, rispetto alle mie capacità e alle condizioni di una vettura di 40 anni, posso definire veloce.
L’ingresso in pista, poco prima del Antoniusbuche, mi permette di arrivare alla curva, che i piloti di formula uno facevano in peno, ad una velocità di circa 120 km/h lasciando scorrere la vettura nella discesa che precede la chicane Hoenrain. Mi immetto nel tratto in cui la vecchia Norschleife si connette al nuovo circuito di Formula 1 e affronto T13 con una certa decisione. La successiva discesa di Hatzenbach sembra veramente impressionate sia per pendenza che per i suoi ampi curvoni iniziali che si raccordano dopo un rettilineo con una serie di curve molto tecniche e dalla traiettoria precisa. La vettura, è meno guidabile della Fulvia Coupé e richiede molta attenzione nel controllo del retrotreno ai cambi di direzione.
Nel rettilineo che precede il ponticello di Quiddelbacher-Höhe riprendo velocità ma, percorrere ad oltre 160 km/h il medesimo, richiede una certa determinazione che sembra sfiorare l'incoscienza.
Arrivato al salto di Flugplatz sento che il retrotreno della Zagato si stacca da terra, mentre l’avantreno sembra alleggerirsi come sulla neve.
Colpo di freni appena recupero aderenza e mi immetto nel tratto veloce di Schwedenkreuz dove la Zagato arriva a circa 180 km/h. Alleggerisco e ridò gas prima dell’ultima gobba per evitare perdite del retrotreno che spesso ha tradito piloti più aggressivi.
Entrare nella stretta curva di Aremberg con la sua staccata ripidissima mette alla frusta i freni della Fulvia.
Ora sono al massimo della concentrazione per percorrere uno dei tratti più impegnativi del circuito: la compressione di Fuchsröhre. Data l’elevatissima pendenza, sono nuovamente a circa 180 km/h, pennello seguendo una traiettoria quasi rettilinea le piccole alterazioni di direzione ed entro in piena velocità nella compressione.
Nel tratto in salita successivo, il cuore sembra riprendere a funzionare.
La stretta chicane di Adenauer Forst viene affrontata con una traiettoria pulita, passando davanti agli spettatori stupiti per vedere passare uno strano veicolo arancione che non sanno riconoscere.
Il tratto pianeggiante prima della discesa di Kallenhard scorre senza grosso impegno permettendomi di alleggerire la tensione ma, quando la pista riprende a scendere la difficoltà del tracciato ritorna nuovamente evidente. La stretta piega a sinistra di Wehrseifen è impegnativa per freni ed assetto e mi lancia nell'ultimo tratto della discesa che rimane in vista dall'albergo.
La curva destra in salita dell’Ex-Mühle mi spinge a cambiare ritmo, la vettura è meno sensibile alla coda e più facile da guidare. Transito nel punto in cui Lauda perse il controllo della sua Ferrari 312T2 ed entro nella curva di Bergwerk che richiede di tardare l’inserimento per una traiettoria migliore.
Nella salita successiva, la Zagato si attesta su una velocità di 165 km/h, non elevatissima ma tale da richiedere un po’ di attenzione ai curvoni di Kesselchen e Klostertal. La lunga curva di ritorno dello Steilstrecke mi porta al Caracciola Karussell, che forse è il punto più famoso del circuito. Inserisco la Fulvia nel tratto in cemento con una certa decisione e nel percorrerlo sento distintamente i cigolii del telaio sottoposto ad un forte stress.
Risaliamo la collina di Hohe Acht, per raggiungere il punto più alto del circuito, che si articola in un tratto misto veloce che prosegue con una discesa con notevoli cambi di pendenza e direzione di Wippermann che seguito dai tratti guidati di Eschbach e Brünnchen fino al dosso di Pflanzgarten, dove i grandi piloti staccavano subito dopo.
Arrivo al Kleines Karussell ed entrandoci, il forte contraccolpo mi fa sbattere il casco sul montante della portiera. Sono le ultime curve di Galgenkopf, che precedono il lungo rettilineo di Döttinger Höhe in cui c’è l’uscita dal tracciato. Rallento all’altezza del Gantry e mi accodo all’uscita. Qualche minuto di respiro e rientro per un’ultimo giro di saluto alla pista più difficile del mondo
L'ultimo rito, attaccare l'adesivo con il tracciato della pista a ricordo di questa intensissima esperienza
Piero Vanzetti