Tutto è cominciato nel 1972, quando Sandro Munari, a bordo della Fulvia. stava guidando sulle strade nevose del Turini.
Le prove speciali di notte sono difficili ed estenuanti, anche se i tifosi si assiepano lungo il percorso.
L’avversario da battere è quel mastino di Bernard Darniche sulla Renault Alpine A110.
Le Porsche no, sono troppo lontane ed a remare con il motore a sbalzo ed in questo caso troppi cavalli.
Darniche si permetterà di vincere il Montecarlo nel 1979 con la Stratòs semiufficiale Chardonnet, azzardando la salita innevata del col del Turini con gli slick perché aveva saputo che nella discesa dal colle la strada era asciutta.
Insomma un cattivo cliente per il Drago.
Ma all’Alpine hanno chiesto troppo ed il cambio cede, quindi al Drago non resta che amministrare il resto della gara e portare a casa il meritato bottino.
E’ una vittoria di portata storica, che fornisce finalmente la giusta visibilità al rallysmo in Italia. La Fulvia Rallye 1,6 HF telaio alleggerito 818.540*002256 targata TOE24266 diventa per tutti gli appassionati la Quattordici, per il suo numero di gara.
Al termine della carriera l’auto viene ceduta e dopo anni di abbandono, Lancia la ricompera e la restaura. Ultimamente hanno anche corretto un piccolo errore sulla livrea, cioè il cofano è nuovamente nero opaco.
Sabato 2 dicembre 2006 in occasione della ultima prova del Challenge 2006, l’auto viene portata sulla pista del centro di sicurezza di Orbassano e messa a disposizione dei soci del Lancia Club che hanno partecipato alla competizione.
Così mi viene data la possibilità di guidare il sogno di tutti fulvisti sportivi e non.
Con un certo calcolo, evito di essere il primo a fare il giro, aspetto un pochino affinché l’auto sia calda per non avere remore.
Certo, sarebbe opportuno andare molto prudenti e non richiedere nulla alla meccanica, che all'epoca Gianni Tonti aveva verificato erogare 166,3 CV al banco, ma dopo 40 metri, ogni scrupolo che avevo in partenza si è dissolto.
Lo sterzo, assai diretto (verrebbe da pensare che abbia le leve 815.330 su una scatola La5) risponde molto bene ed in movimento è leggero nonostante la gommatura su cerchi Campagnolo stellone 7J13.
Gli pneumatici sono relativamente recenti (solo 5 anni e comunque ancora dignitosi sull'asciutto).
Il cambio testone ha una fluidità in cambiata notevole, rimane solo la lunghezza dei movimenti. Nota dolente i freni, che insomma, ecco, è come li avessero dimenticati in garage.
La Quattordici si dimostra molto leggera e docile da condurre.
Spettacolare la pedaliera, che sembra fatta apposta per il punta-tacco con il pedale dell’acceleratore più vicino a quello del freno che sulle auto di serie.
Sarà che guido Fulvia da 20 anni, ma dopo solo un centinaio di metri mi sembra di aver fatto centinaia di km su quell'auto.
Insomma, una volta entrato in pista non riesco proprio a trattenermi a darci del gas. D'altronde, trattando con una Regina è necessario seguire il protocollo.
Entro quindi in pista in seconda, apro, passo in terza, allungo un pochino, metto la quarta che mi sembra la giusta marcia per una curva sopraelevata per non trovarmi impiccato all'uscita a causa dei rapporti corti e sfruttando il cambio ravvicinato, esco, tiro a 7200 e sono in quinta.
Arrivo a 7000 giri (secondo i miei calcoli dovrei essere a 130 km/h, ipotizzando che l’auto abbia un 7/41).
Alzo il gas e l’auto ha un improvviso scarto a destra. Deve essere un problema telaistico perché accelerando e rilasciando non si manifesta il solito serpeggiare che accade quando occorre sostituire un braccetto.
Non ho il tempo di spaventarmi perché l’abitudine di tanti anni mi fa correggere l’auto con un lievissimo controsterzo.
Raddrizzata la macchina, colpo di freni e scalo. Affronto la seconda parabolica del circuito in quarta, esco e riapro fino a 7000 e di nuovo in quinta fino a 7000. Rilascio con maggiore dolcezza il gas, evitando scompensi, e mi preparo a scendere di 3 marce per entrare in una stretta curva a destra, con l’asfalto coperto dalle foglie.
Ci vuole cautela perché i guard-rail sono assai vicini.
Infilata la macchina nella curva apro tutto, ma la ruota interna destra inizia immediatamente a sgommare.
Raddrizzo di colpo per far prendere aderenza ed eseguo l’ultimo piccolo allungo per poi rallentare entrando nella piazzola dei box (in realtà è uno steering-pad).
I 160 CV, purtroppo sono si sono un po’ persi nel tempo, ma la risposta e la reattività al pedale del gas sono tutt'ora sublimi.
Certo bisogna tenere regimi che in epoca di diesel sono inconcepibili, ma il bello è proprio quello.
Che emozione, non vorrei più scendere, ma è il momento di lasciare provare ad altri un analoga emozione.
Piero Vanzetti